Montagna elbana
La vegetazione dell’Arcipelago toscano è formata in prevalenza da piante adattate ad un ambiente siccitoso, caratterizzato da scarsa piovosità e da poca umidità atmosferica, con qualche eccezione: quelle più interessanti si trovano sul Monte Capanne, all’Isola d’Elba. In genere si tratta di specie appartenenti ad epoche più fredde dell’attuale e che oggi vivono in altri orizzonti climatici; dei veri e propri "superstiti", salvatisi in ristrette nicchie di territorio sufficientemente fresco e umido: è questa flora che fa la differenza tra l’Elba e la gran parte delle altre piccole isole del Mediterraneo. Oltre all’altezza è determinante anche l’esposizione dei versanti. Sulle pendici meridionali del Capanne e fin sulla vetta, la vegetazione è rada e bassa, con importanti variazioni lungo le valli, scavate dagli scarsi e veloci corsi d’acqua. Le valli settentrionali della montagna, verdeggianti e fresche, assomigliano ad oasi, dove crescono possenti alberi d’alto fusto. Gli abitanti dell’isola hanno sempre sfruttato questa risorsa piantandovi i castagni (Castanea sativa), sicuramente fin dal XIV sec.; i suoi frutti, freschi, secchi o ridotti in farina, hanno costituito l’alimento base per le popolazioni di montagna fino a mezzo secolo fa. Le castagne maturano in ottobre, quando le foglie incominciano ad ingiallire ed il riccio spinoso che le ricopre si apre per liberare i frutti. In questo periodo, la montagna elbana assume colorazioni dai toni caldi che interrompono il verde perenne della macchia mediterranea. Pur essendo alberi da frutto impiantati dall’uomo, sono ormai parte del paesaggio naturale e della storia dell’Elba occidentale. Capita pertanto di passeggiare tra gli arbusti più tipici della macchia mediterranea e della gariga, come l’erica arborea e le ginestre spinose (Calicotome spinosa), quando, d’improvviso il sentiero s’infila in un ombroso castagneto, dove convivono giovani polloni e plurisecolari giganti dai tronchi smisurati. Durante la stagione delle piogge, la montagna raccoglie l’umidità proveniente da nord, dando vita a spettacolari, quanto effimeri, corsi d’acqua che rapidamente volano a mare. Qui si può incontrare la felce reale (Osmunda regalis), dalle grandi fronde, una delle felci più rare d’Italia, o il carpino nero (Ostrya carpinifolia), che generalmente vive tra i 500 e gli 800 metri del Monte Capanne e che talvolta si spinge più in basso, nelle valli umide, dove si trova insieme al più comune ontano nero (Alnus glutinosa). Intorno alla cresta della montagna, soprattutto nella parte settentrionale, vivono alcune delle specie botaniche più rare e interessanti. Il tasso (Taxus baccata), con esemplari vetusti arroccati sulla cresta del monte Calanche. Tormentati dai venti di tutti i quadranti, hanno trovato rifugio tra le spaccature delle rocce più alte, pagando il prezzo di una crescita arbustiva. Alcune liliacee, come il giglio rosso di San Giovanni (Lilium bulbiferum) e il tulipano selvatico (Tulipa sylvestris), fioriscono nei piccolissimi prati di montagna o sulle cenge rocciose più inaccessibili. Tra gli altri fiori che è possibile incontrare in primavera sulla montagna si ricordano le varie specie di orchidee come Orchis mascula, rara e dalla spiga fiorita, che può raggiungere anche i 20-25 cm e la Dactylorhiza maculata, una volta comunissima, presente anche nei boschi del Giglio, dalla spiga floreale densa e rosa con le caratteristiche macchie color cremisi. Infine la regina delle orchidee dell’Arcipelago: Dactylorhiza insularis, rarissima sulla montagna elbana e presente con pochi esemplari al Giglio. La montagna elbana conserva anche due endemismi: il fiordaliso del Capanne (Centaurea dissecta ilvensis), che si spinge fino al mare e Viola corsica ilvensis, che invece vive dai 400-550 metri in poi, bellissima quando fiorisce tra gli arbusti gialli di Genista desoleana, una ginestra spinosa che cresce in forma di "cuscini" tondeggianti e spinosi, negli ambienti più aridi e inospitali della montagna. A dispetto dell’apparente durezza dell’ambiente, l’ecologia della montagna è legata ad equilibri fragilissimi, come dimostrano gli effetti di pascolo, incendi, introduzione di piante ed animali non autoctoni e di altre manipolazioni, presenti e passate, operate dall’uomo.