I serpenti sono tra gli animali più temuti dall’uomo e nella regione mediterranea le vipere sono, giustamente, considerate pericolose per le conseguenze del loro morso. La vipera comune (Vipera aspis) non è un animale aggressivo e attacca l’uomo solo se disturbata o calpestata. Il veleno viene iniettato tramite due denti ed è sufficiente ad uccidere, in breve tempo, i piccoli animali di cui si nutre. Per un uomo il tempo d’azione del veleno è di 3-6 ore e quindi lo sfortunato, o meglio sbadato, escursionista ha tutto il tempo di fasciare e immobilizzare la zona, per poi recarsi nel più vicino ospedale. L’azione del veleno sull’uomo è raramente mortale e dipende dalle condizioni del morsicato, dalla zona interessata e dalla quantità di veleno inoculata, ma generalmente non è sufficiente per uccidere una persona. Un eccessivo allarmismo è da condannare perché può essere più dannoso del morso del rettile. Potremmo essere certi di trovarci davanti ad una vipera comune se osserviamo il muso distintamente rivolto all’insù, la testa subtriangolare e appiattita, la coda tozza e tronca e l’occhio con iride giallastra e pupilla verticale, come fosse una fessura. La variabilità dei disegni dorsali della Vipera aspis ha dato origine alla classificazione di una serie di sottospecie. Le popolazioni elbane sono morfologicamente simili a quelle presenti nel resto della Toscana e dell’Italia centro settentrionale e vengono ascritte alla sottospecie Vipera aspis francisciredi. Si tratta quindi di una discendenza della popolazione originaria giunta sull’isola nel Quaternario, quando esisteva ancora il collegamento con il continente. La vipera di Montecristo si differenzia per alcuni caratteri morfologici ed osteologici e viene uguagliata alla Vipera aspis hugyi presente nell’Italia meridionale e nella Sicilia. La sua presenza è quindi spiegabile solamente ipotizzandone l'introduzione operata da parte dell’uomo in epoca storica. La leggenda narra che i Cartaginesi solevano scagliare i rettili a bordo delle navi nemiche, prima dell'abbordaggio. I luoghi preferiti da questi serpenti sono gli spazi aperti e assolati con scarsa vegetazione come sassaie e muretti. Da ottobre ai primi giorni di marzo le vipere, da sole o con altri rettili e anfibi, si rifugiano in tane sotterranee, fessure del terreno o muri a secco ed entrano in uno stato di latenza, isolate dall’esterno quanto basta per impedire alla temperatura di scendere sotto la soglia tollerabile. La vipera comune non sembra avere predatori abituali, occasionalmente può essere il pasto di carnivori, come la martora, il cinghiale e il riccio, o alcuni uccelli (corvi, aquile, fagiani). L’uomo costituisce il suo nemico più temuto, infatti, reputando questi serpenti pericolosi non esita ad ucciderli quando li incontra. Ne sa qualcosa la biscia dal collare (Natrix natrix), presente anche all’isola d’Elba, che anche se innocua e non mordace, assomiglia talmente alla vipera da essere spesso confusa e per questo uccisa. La vipera comune adulta ha una lunghezza media di circa 60 cm (lunghezza massima registrata in Italia 82 cm), il corpo è tozzo e la coda corta. La colorazione e i disegni del corpo sono molto variabili: superiormente può presentarsi da grigia a giallastra da nera a rossastra, con disegni trasversali variamente sviluppati; inferiormente può essere da nera a giallastra, con gola biancastra e coda con apice normalmente giallo o rosso. Questa variabilità nella colorazione, a cui si deve la differenziazione in varie sottospecie, sembra legata all’habitat, all’età, e alla stagione. Il veleno, con cui uccide le sue prede, viene inoculato tramite due denti superiori canalicolati ed in connessione con la ghiandola del veleno, che a riposo tiene ripiegati nel palato. Il fatto di essere un animale a sangue freddo lo rende dipendente dalle temperature esterne. La temperatura minima che può sopportare è di -2°C ed è capace di muoversi solo se la temperatura esterna è compresa tra i 5°C e i 37°C, necessita comunque di una temperatura di almeno 15°C per attivare la digestione delle prede ingerite. E’ questa dipendenza dalla temperatura esterna che determina in generale il comportamento dei serpenti. Ad aprile-maggio si hanno gli accoppiamenti, il maschio riconosce la presenza di femmine riproduttive da speciali stimoli olfattivi e dopo combattimenti ritualizzati con altri esemplari dello stesso sesso inizia la fase di accoppiamento che dura circa 2-3 ore. I maschi escono dai rifugi invernali in media 15 giorni prima delle femmine, entrambi cercano un luogo soleggiato e passano alcuni giorni a riscaldarsi ai raggi solari. Si tratta di una specie vivipara e le femmine partoriscono mediamente 4-9 piccoli (2-20 come valori estremi) del peso di circa 9 g e lunghi 12-22 cm. I piccoli nascono da metà agosto a ottobre, dopo 3-4 mesi di gestazione e sono perfettamente autosufficienti. La madre dopo il parto o cerca un rifugio per l’inverno oppure, se le condizioni climatiche sono favorevoli, si prepara a un secondo periodo di accoppiamento autunnale. I piccoli di vipera già alla nascita hanno un apparato velenifero funzionante ed un veleno più attivo di quello degli adulti e dopo aver compiuto la prima muta cercano un luogo adatto in cui svernare. Una vipera comune adulta effettua nell’arco di un anno 2-3 mute e non di rado capita di imbattersi nella pelle abbandonata di questo o di altri serpenti. La vipera comune allo stato naturale vive in media 8-9 anni, ma può arrivare anche a 25 se tenuta in cattività, e raggiunge la maturità sessuale dopo il quarto anno il maschio ed al terzo-quarto anno la femmina. La vipera comune si nutre principalmente di piccoli roditori (topi, arvicole) e lucertole e contribuisce attivamente nell’impedire un’esplosione demografica di questi animali. Ha bisogno di mangiare un pasto delle dimensioni di una piccola preda (7-25 g) ogni 4-12 giorni.